L’ordinanza di polizia emanata il 30 novembre 1943 dal ministro dell’Interno della Repubblica Sociale Italiana (RSI), Guido Buffarini Guidi, costituisce senza ombra di dubbio uno dei momenti più bui della storia italiana e un punto di svolta significativo nella politica razziale del regime fascista, allineando de facto l’Italia alle pratiche genocidarie del Terzo Reich. L’ordinanza Buffarini Guidi rappresenta un documento chiave per la comprensione della progressiva radicalizzazione delle politiche antisemite in Italia. Com’è noto il territorio italiano all’indomani della stipulazione dell’armistizio si ritrovò spaccato in due: mentre il meridione era saldamente nelle mani degli Alleati, l’Italia settentrionale e centrale cadde sotto il pieno controllo della Germania nazista. Con l’istituzione della Repubblica Sociale Italiana, uno stato fantoccio formalmente guidato da Benito Mussolini ma de facto subordinato alle autorità tedesche, riprese e si intensificarono le politiche antisemite già avviate dal regime fascista nel 1938 con le leggi razziali. La sua analisi è fondamentale per delineare il ruolo della RSI nell’implementazione della “soluzione finale” e per comprendere le dinamiche di collaborazione tra il fascismo italiano e il nazismo tedesco.
Analisi del contenuto normativo e impatto sociale
L’ordinanza sottoscritta da Buffarini Guidi prescriveva ai capi delle province di procedere all’arresto e all’internamento di tutti gli individui classificati come “di razza ebraica” secondo i criteri stabiliti dalla legislazione razziale del 1938. L’attuazione di questo provvedimento fu affidata a una rete capillare che coinvolse varie istituzioni locali. I capi delle province trasmisero le direttive alle questure e alle forze dell’ordine, attivando un meccanismo burocratico che portò a operazioni sistematiche di rastrellamento, detenzioni di massa in appositi centri predisposti ad hoc, deportazioni verso campi di transito come Fossoli e Bolzano con il successivo trasferimento negli orrendi lager nazisti come quello di Auschwitz-Birkenau.
L’ambito di applicazione di questa ordinanza includeva:
- Cittadini italiani di origine ebraica
- Ebrei stranieri residenti sul territorio italiano
- Apolidi di ascendenza ebraica
Il provvedimento, inoltre, prevedeva:
a) La confisca dei beni mobili e immobili appartenenti agli ebrei
b) L’istituzione di campi di concentramento sul territorio italiano
c) La preparazione logistica per il trasferimento dei prigionieri verso i campi di sterminio allestiti dai nazisti.
Difatti, con l’intensificarsi delle misure antisemite ad opera del neonato governo di Salò, mediante il Manifesto di Verona e l’ordine di polizia emesso il 30 novembre 1943 dal ministro dell’Interno Guido Buffarini Guidi, si stabiliva l’internamento e la confisca di tutti i beni degli ebrei i quali, appena fiutarono il pericolo che incombeva su di loro, furono costretti loro malgrado a darsi alla fuga per non finire nelle grinfie dei loro aguzzini.
Il ministro dell’Interno Buffarini Guidi aveva diramato l’ordine di Polizia n° 5 con il quale disponeva l’arresto e l’internamento di «ebrei, anche se discriminati, a qualunque nazionalità appartengano» e il loro internamento «in campi di concentramento provinciali in attesa di essere riuniti in campi di concentramento speciali appositamente attrezzati» in ogni provincia ed il sequestro immediato dei beni in attesa della confisca ad opera della RSI1. Il 1° dicembre successivo, mediante un’apposita circolare, quest’ordine fu inviato a tutti i Prefetti della neonata RSI (denominati “capi delle province”)2.
Resta però da capire se «all’epoca in Italia il salvataggio degli ebrei» veniva «nominato esplicitamente oppure compreso entro le attività a favore del nemico»3 visto e considerato che, come si ricorderà, il manifesto di Verona, elaborato con l’assistenza del Plenipotenziario del Reich Rudolf Rahn, il 14 novembre 1943 durante il Congresso del nuovo Partito fascista repubblicano, al punto 7 considerava gli «appartenenti alla razza ebraica […] stranieri» e, pertanto, assimilabili a tutti gli effetti ad una «nazionalità nemica».
Non è un caso se l’allora capo della provincia di Venezia emanò un decreto di sequestro proprio a seguito dell’ordine del 30 novembre 1943, precisando quanto segue: «Ritenuto che la Comunità israelitica di Venezia è di razza ebraica è quindi considerata nemica»4. Difatti, a riprova di ciò, perfino quell’inquietante antisemita che rispondeva al nome di Giovanni Preziosi – che è bene ribadirlo non ha nulla a che fare con l’autore di questo libro – scrivendo alcuni articoli sull’organo di propaganda nazista Der Völkische Beobachter, in cui spiegava ai tedeschi le responsabilità di massoni ed ebrei nella caduta del fascismo auspicando una “soluzione integrale del problema ebraico”, il 4 dicembre 1943, anche il Corriere della Sera riprese le sue tesi in cui esprimeva in modo inequivocabile che:
oggi tra le leggi del nuovo Stato ci sarà anche quella riguardante gli ebrei. L’art. 7 del progetto non lascia adito a dubbi: gli ebrei, in qualità di stranieri, sono ora nemici. La legislazione italiana inquadra così definitivamente questo importantissimo e vitale problema; finiranno gli equivoci, le incertezze, e sarà annientato il nemico interno che, sulla grande sciagura che ha colpito la nostra terra, ha potuto più delle forze esterne5.
Buffarini Guidi sfruttò questi provvedimenti antisemiti a suo vantaggio per arricchirsi, come riporta Ciano nei suoi diari in occasione di un suo “lungo colloquio col Capo della Polizia, Senise”:
… mi ha detto che all’interno la situazione è inquieta ma non pericolosa, che Mussolini ama farsi ingannare dai lestofanti i quali con lui hanno sempre successo, che Buffarini è un ipocrita e un ladro perché prende soldi per le arianizzazioni degli ebrei e ne prendeva da Bocchini, più
ladro di lui se possibile, e che il nuovo segretario del Duce, De Cesare, è un formidabile iettatore nonché un imbecille6.
Poi, in un appunto successivo del 10 maggio 1942 aggiunge ancora:
Senise fa la solita carica a fondo contro Buffarini, che a suo giudizio è l’architrave di tutte le porcherie che si commettono in Italia. Adesso spera di avergli messo le mani alla gola, per lo scandalo dell’arianizzazione degli ebrei. La banda, che era mossa dal Prefetto Lepera, in realtà faceva capo a Buffarini, che mangiava a quattro ganasce. Buffarini ha la cattiva coscienza e trema7.
L’impatto dell’ordinanza sulla popolazione ebraica in Italia fu devastante. Si stima, infatti, che circa 8.000 ebrei italiani persero la vita nei campi di sterminio. Inoltre, le comunità ebraiche subirono una drastica decimazione demografica e a tutto ciò si aggiunse anche una massiccia dispersione del patrimonio culturale ed economico ebraico.
Parallelamente all’attuazione dell’ordinanza emersero, tuttavia, significativi episodi di resistenza civile. Numerosi cittadini italiani, rischiando severe rappresaglie, si adoperarono per nascondere o facilitare la fuga degli ebrei perseguitati. In quel periodo, infatti, si registrarono numerosi episodi di autentica solidarietà che indussero molti italiani – a differenza di quanti preferirono restare indifferenti o addirittura complici voltando la faccia dall’altra parte – che si prodigarono per aiutare gli ebrei a nascondersi o a fuggire, anche a repentaglio della propria vita. Queste azioni di resistenza civile contribuirono a salvare molte vite. Questa ordinanza, tuttavia, rimane un simbolo della complicità del fascismo italiano nell’Olocausto. L’ordinanza di polizia del 30 novembre 1943, ad ogni modo, rappresenta un momento critico nella storia del fascismo italiano e della Shoah in Italia e fu il risultato di una collaborazione attiva tra il regime fascista della RSI e la Germania nazista nella persecuzione degli ebrei e dovrebbe ancora oggi servire come severo monito affinché tutto ciò non possa più ripetersi, tenendo desta l’attenzione contro l’affacciarsi – anche in modo embrionale – di ogni forma di antisemitismo e discriminazione razziale.
Conclusioni: . La sua analisi multidisciplinare, che coinvolge aspetti storici, giuridici, sociologici e etici, è essenziale per una comprensione approfondita dei meccanismi che portarono all’attuazione di politiche genocidarie nel contesto italiano. Questo studio sottolinea l’importanza di una vigilanza costante contro l’emergere di ideologie discriminatorie e la necessità di preservare la memoria storica come strumento di prevenzione.
NOTE
- A.C.S., Min. Int., DGPS, div. AA. GG. RR, Massime (parte non riordinata), R9, b. 80, fasc. 19, Ministro dell’Interno ai capi delle province, 30 novembre 1943. ︎
- IVI, RSI, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto b. 57, cat. 3.2.2, f. 2012. Il documento, che reca la data di ricevimento del 1° dicembre 1943, è possibile trovarlo anche tra i Fondi Prefettura di vari Archivi di Stato provinciali. ︎
- Cfr. A. Foa, Per colpire la Chiesa di Pio XII, in “L’Osservatore Romano”, 23 giugno 2013, pag. 4. ︎
- Cfr. “Gazzetta ufficiale d’Italia”, 16 marzo 1944, foglio delle inserzioni, pag. 992. ︎
- Cfr. L’ebreo è un nemico più pericoloso delle forze esterne, in “Corriere della Sera”, 5 dicembre 1943. La stampa fascista non esita a indicare negli ebrei il “nemico numero uno”, confermando quanto espresso dal Congresso di Verona nel novembre 1943 che non esitò a definirli “stranieri appartenenti a razza nemica”. Inoltre, il 6 novembre 1943, Gian Forzoni dalle colonne di “Repubblica”, ribadì lo stesso concetto con toni – se possibile – ancora più eloquenti: «Non a caso, in un nostro recente articolo, abbiamo posto gli Ebrei in testa alla lista dei nostri nemici; essi hanno infatti costituito sempre il “pericolo n. 1” per l’Italia, che mai hanno servita, che sempre hanno sfruttata. Come del resto hanno sfruttato tutti i popoli. Fra la gioventù d’ogni dove, fermenta – e talvolta si concreta – il proposito di liberarsi dal vorace parassita ebraico, causa prima delle piaghe che affliggono l’umanità» (cfr. G. Forzoni, La razza nemica, in “Repubblica”, 6 novembre 1943). ︎
- G. Ciano, Diario 1937-1943, Edited by FS Worldwide, 2020, pag. 633. ︎
- IVI, pag. 709. ︎
© Giovanni Preziosi, 2024
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